Mese: Maggio 2020
Haiga (ciclamino)
Ha già deciso
farà rosa di sogno
il ciclamino
Passate da mezz’ora le tre
https://www.larecherche.it/testo.asp?Tabella=Poesia&Id=58825
C’è qualcosa che muore ogni volta
poi ti stupisci sia vivo più che mai
qualcosa che ti sveglia di notte
quando sono passate da mezz’ora le tre.
Tu lo sai che la stavi sognando
che ti ha donato anche quella che non è:
il suo corpo morbido, e dolce
obbediente alle mani.
La sua bocca una fessura di buio nel buio
dove quel qualcosa muore.
Resti a guardare nel buio la sua bocca ingoiare parole
queste
fino a che viene giorno.
Bellano
Tre ciclamini
Ormai gliel’ho detto, sono spuntati tre ciclamini
e gliel’ho detto perchè la mia gioia è la sua
gliele ho sempre raccontate tutte.
I dolori un po’ meno, me lei me li leggeva dentro,
Ma sono lì perplessi da giorni e non si decidono a sbocciare.
Ormai gliel’ho detto, e non posso nemmeno dirgli che sono sbocciati se non lo sono
perchè lei mi legge dentro, lei è dentro.
Un mondo a fianco
Trovato il mondo a fianco!
Era un po’ più in alto, sul cornicione.
Come cosa mai sentita
https://www.larecherche.it/testo.asp?Tabella=Poesia&Id=58765
Questo capita al poeta
al pittore, all’artista e al sognatore.
Crea un mondo che ha intuito esistere, da qualche parte
lo chiude in una bolla di sapone
e poi la penetra
sentendola scorrere sulla pelle
come cosa mai sentita.
Una volta dentro si scorda chi è,
una volta fuori vaga per il mondo a cercarsi.
Questo capita ai poeti
ai pittori, agli artisti e ai sognatori.
qualcuno ha creato per loro un mondo
che credono di aver intuito esistere
poi si è chiuso dentro e da lì li chiama forte,
loro vagano per il mondo
seguendo la voce
cercando la via segreta
che non troveranno mai.
Eppure la sentono scorrere sulla pelle e nelle vene
come cosa mai sentita
come terreno inesplorato
e sempre vergine.
Vergine e madre gravida dei loro sogni.
(elaborazione immagine da web)
Sotto la mascherina
Oggi come oggi vorrei sfilarti la mascherina,
lentamente, come fossero mutandine.
In fondo lo scopo è sempre quello,
il lento apparire delle tue labbra magnifiche,
e poi passarci sopra il pollice
prima di infilartelo in bocca.
Inumidirtele un po’ con la lingua
prima di baciartele.
La mia maestra è un’albera
Amina Narimi, un’altra meraviglia
La mia maestra è un’albera
e il suo nido
un pane che lievita
un fuoco nell’aria.
È una fontana di luci sottili
con la pelle secca e i nodi alle mani
piene di strigoli
raccolti al gran posto,
il più segreto del boscovecchio.
È un fazzoletto, la mia maestra,
con un elicriso appena accennato-
che risalendo per gli alberi canta
al ramo potato di un nuovo fiore;
ma quando s’inchina davanti alle fragole
allarga il silenzio con piccoli gesti
fino a sentire il loro respiro.
La mia maestra nel viso è un bambino,
che chiede alla mostra di un Caravaggio
per farne dono all’unica figlia-
e te lo dice con le ossa cave
schermendosi dietro alla brezza sottile
che ha solo un sorriso quando magenta.
La mia maestra ha due gocce azzurre
prima degli occhi, e come un miracolo
sono discese dai pettazzurri,
con le mani di rondine,
sopra il…
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Nel pomeriggio chiaro e fresco
È un pomeriggio di Maggio mamma
di quelli che -così ci piace a noi-
che andavamo erranti ai prati
oppure giù, fino al fiume
per passare un pomeriggio
felice come pochi.
È un pomeriggio di maggio questo
un pomeriggio errante
verso le cime che mangiano le nuvole
-che più ne mangi più ce n’è-
verso la sorgente che alimenta questo lago brillante,
vedessi oggi com’è.
Dalle cime cadono i deltaplani
come tanti uccelli di Braques
si confondono col bianco delle nuvoe, e volteggiano
e riappaiono più in là.
Intanto pigola forte un anatroccolo
la madre esce veloce dalle foglie
gli dà un colpetto di becco
e poi a fianco prendono a navigare.
Ecco, tutto qui
si è fatta l’ora di rientrare
e poi non servirebbe pigolare.