Non poesia in mi minore

Fa diesis, re e si.

E’ un si minore che disegnano le dita,

sono partite da un mi minore

poi un passaggio in do per arrivare a un si maggiore.

E ripetono, il loop, cercando una melodia

finchè ci piace a noi, diciamo noi..

alla rullata le dita passano al sol maggiore, gioioso

e poi cantano, in re,

scendono per pentatoniche scale in do

per arrivare ancora al si maggiore

e cosi ripartire

spostando un semitono

in mi minore.

Descrizione di un grigio dopopioggia

La chiamano saudade.

Questa cosa che mi chiama oggi davanti al lago
attraversando antiche contrade e vie conosciute che non mi riconoscono.

Qui l’aria sa di gobbetti e alborelle
__________(tienine sempre una, da sotterrare per i vermi)
sa di maglioncini annodati al collo
o in vita
__________(ahi vita ohi vita mia)
sa di goccioline di foschia
quella che piove dalle nuvole, dalle cime dei monti
fino all’acqua del lago, e ne fa un tutt’uno col cielo.

Qui qualcuno mi aspettava
forse proprio qui, su questa panchina
sotto le stesse foschie
e lo so che poi sono arrivato.
Qui aspetto un poco anch’io
e lo so che nessuno arriverà
sono io che vado.

Vado con lo sguardo, seguendo la linea che taglia il monte
fino ai castelli in aria
e ai falchetti, che volteggiano lenti
ai falchi e agli sparvieri sull’acqua.

Intanto la fontana getta altra acqua nell’aria già carica
qualche spruzzo arriva fin qui
a ricordare che ho l’età in cui ci si scorda,
ci si scorda dell’età e del maglioncino
arriva a ricordare che sarà meglio rientrare.
Prima che piova.

Prima che io scordi che qui non arriverà nessuno.

Qualcosa che non so

E’ qualcosa di prima dell’infanzia che ricordo
qualcosa che altri hanno visto
forse in un lontano e caldo Agosto, come questo
cercando ombre e frescure.
Altri che ora sono io.

E’ così che ho preso quella strada
che scendeva stretta tra gli alberi
tutta curve e ombre, partendo dalla statale a lago,
ricordando qualcosa che non so.
E’ così che ho sceso tutte quelle scale in pietra
con occhi e gambe d’altri innamorati.

E più scendevo più pesava l’ ombra
sulle cose che non si vedono
senza fatica scendevo e riposava il cuore
in forma d’acqua, brillante
e calme onde.

L’ultima scala ha una grata in ferro
va verso frontiere sconosciute, che non so
dove qualcuno mi sogna.

Chiusa. Non è ora di partire per altri lidi, ma di tornare.

(foto mia)

Bimbi piumati

Tu guardi al cielo,
come a un foglio azzurro e pieno di macchie bianche
e magari puoi anche scriverci sopra una poesia
che dica della bellezza.
O farci un disegno
che dica del volo di quelle minuscole rondini
che hai notato nell’ angolo più a destra
e che giocano, e si rincorrono.
Guarda!
Dici al bimbo che osserva lo stesso cielo.

Ma lui non ti sente
non ti ascolta
lui le ha già messo le piume
e vola, come rondine
immerso nell’ azzurro immenso dietro le nuvole.
Lui è rondine e nuvola e cielo.
Ha negli occhi il sole.
E niente lo può tirare giù.

Lui è la bellezza.

Pensieri in maschera

Ci son pensieri notturni e dozzinali
in cui lei appare, nuda e sfrontata
sopra i letti delle sue piu belle età.
E ci sono pensieri vaporosi, caldi di vasca,
nel relax pomeridiano
in cui le sirene mutano in Veneri nascenti.

Ci sono pensieri da panchina in riva al lago, tra le rose
in cui lei appare tra le nuvole,
nuvole che si specchiano a pelo d’acqua
e non sai più se il cielo è sotto-o-sopra.
E ci sono pensieri sognanti
in cui lei è tutte queste cose e il sogno
e ci passa attraverso in volo
su un unicorno un po’ sbiancato.

In fondo ai cassetti ha una maschera per ognuno
che ognuno vuole la sua
e una maschera per tutti uguale
ma ognuno sogna sempre la sua.

Ognuno le dà un nome
un nome come Verità per tutti mai uguale.
Anch’io le ho dato un nome un tempo
o anche più di uno, uno per ogni sogno.

So che adesso guardo il cielo
e non son sogno tutte quelle cose
i sorrisi, gli unicorni
e dietro tutte quelle nuvole in maschera
lei in bellaposa
sempre lei.

Uguale uguale ai sogni miei più veri,
anche a quelli che non sa.

Quando quando quando

Quando penso a te sdraiata al sole nei miei occhi
ed era quasi ieri.
Quando penso a te nel buio di quel sole
che non scalda la tua pelle.
Quando penso a quella gonna, gialla, da gitana,
ondeggiare al vento della riva.
Quando quella gonna poi l’ hai persa sulla strada
ma la sogno ancora sai.
La sogno.

Quando capirò che amarti non è mica quella gonna
ne il vento che la muove.
Quando capirò che amarti è proprio questo tuo mancare.
E manchi sempre sai.
Mentre ci sei mi manchi.

Quando capirò che il vento non ha mai smesso di soffiare.
E quando un giorno capirò che tu nella tua gonna non ci sai più stare.

Non saprò neanche cosa fare
e allora mi dovrai insegnare.