Il mio angelo (rivista)

Un giorno verrà il mio angelo
quello che chiamiamo il custode
e che scorgo a volte, sulle cime dei silenzi
quando sto in ascolto sui muretti di pietra a lago
verrà su un’ husqvarna rossa fiammante
proprio quella che desideravo al posto del mio Motobi blu scassato.

Gireremo per le cave d’argilla oltre il bosco
e guaderemo i fiumi
ci infangheremo fino alla pelle nuda.
Avrà una chitarra rossa sulle spalle
proprio come la mia
al posto delle ali
e faremo concerti in tutto il mondo!

Poi, mai stanchi, andremo a donne
lui saprà da chi andare,
e mi porterà anche a trovare amici
e parenti.

Proprio come i miei cari vengono, la notte
a trovare me.
Ci divertiremo un sacco.

Audio2

Siamo contenti di rivedere i vecchi films, in bianco e nero tu puoi immaginare…

Vedi, divertirsi fa bene
sento che mi rido dentro
e questo non mi conviene
c’è qualcosa che non va
ma non so dirti cosa
è la tua moto che sta giù
che vorrei guidare io
o meglio averti qui vicino a me.
Ma io sono con te ogni giorno

Fammi vedere

Forse zia con la sua memoria non è poi così lontana
che a volte alzo gli occhiali da lettura sulla testa
inforco quelli per guardare al monitor le sue foto
poi sto un buon quarto d’ora almeno a cercare dove ho messo quelli da lettura.

Quindi vita mia fammi vedere tutto quello che c’è da vedere
prima che sia qualcuno che non so a guardare.
Fammi vedere il monte dove non sono mai stato
il bosco folto delle idee
di bianco innevato o mentre brucia fiammeggiante non importa.
Fammi vedere tutto quello che c’è ancora da vedere
sia pure la cenere rimasta a coprire il fuoco della passione.

Così le ho regalato un fiore

Sarà che non esco sul balcone a suonare ma ad ascoltare
e sarà pure bello questo canto di uccellini al mattino
senza altro suono a disturbare
solo più tardi passa il camion della pulizia rombante
lasciando scie umide come di lumaca
passa e se ne va, poi più nessun altro suono di voce
e gli uccellini tornano a cantare.
Non sempre resto ad ascoltare
a volte esco anche a vedere
vedere quello che manca
lungo il perimetro delle mura o per le vie del centro
e i fiori crescono più che mai.
Così ho preso un fiore da regalarle
un fiore di cera luminoso
l’ho sistemato con cura tra gli altri
in uno spazio vuoto
che si vedesse che era il suo.
Così le ho regalato un fiore
sistemato in uno spazio vuoto
e lei nemmeno c’era.
Tornando poi sono passato dalla mia Betty alla vetrina
che m’è sembrato mi chiamasse
per farmi vedere un’ altra meraviglia.

L’antro delle streghe

Era la prova di coraggio
penetrare la foresta incolta
fino all’antro delle streghe
che poi magari escono per portarti via.
E quante volte ci son stato
col fucilino a tappi, che si facessero vedere
e il cuore piccolo che batteva forte.
E quante volte non sono uscite mai
come pure l’uomo nero
che cercavo salendo le scale buie di casa,
al ritorno,
e doveva essere così solo e triste per non farsi vedere mai.

Ma quale coraggio ci vuole
a venire qui oggi
che si vede il cielo sopra la foresta inesistente
solo con un telefono ,per un selfie
se magari poi dovessero uscire a portarmi via.
Quale coraggio oggi
a venire qui, coi muscoli pesanti dal viaggio
a contare le meraviglie avute
a scartare i dolori
come fossero uova pasquali
e poi romperli, per trovarci dentro una sorpresa.
E quale coraggio venirci senza te
per quel rametto d’ulivo antico e una benedizione
che il bacio e la carezza non si può.

Ecco allora quando usciranno le streghe..
quando non ci saranno più sorprese o stupori
nemmeno nei dolori,
spero solo sia d’estate
e che abbiano un vestitino leggero e trasparente
adatto per un bel un selfie divertente.
L’ultima meraviglia,
e poi che mi portino pure via.

https://www.larecherche.it/testo.asp?Tabella=Poesia&Id=62710

La porta del sogno

E’ quell’attimo prima del sonno
-l’attimo che non ricordo mai-
l’attimo dove sparisco e riappaio nel sogno.
Ricordo l’ attimo prima
abitato di presenze che mi curano
come mi volessero bene
e poi piccole anteprime inventate
di quello che poi in fondo non so.
A volte ricordo il sogno
-mai fidarsi delle anteprime-
mostrano solo le parti più belle
ma la porta no e nemmeno io che l’ attraverso.
Di qua restano le miserie
i vestiti smessi del giorno
le scarpe infangate
le margherite al bosco
le chitarre e i suoni
i visi di cui conosco il nome che svaniscono piano.
Di là non è che non ci sono
ma non ne so il nome
come un bambino a cui nessuno li ha detti
come un bambino che nessuno attende
ma io lo so che di là non sono solo
e che di là mi attendo.

Rare volte capita che qualcuno passi per la stessa porta
nello stesso attimo
come se ci attendessimo di là
nella “vita sognata”
per darci un nome che al risveglio non ricordo
tremanti di gioiosa attesa.
Ma sotto la porta, sotto la porta non sappiamo ancora chi siamo.