Quel posto dove non sei

E poi c’è una bellezza che non sai come dire
entra dagli occhi ma non è quel che vedi
per questo non lo sai dire
entra dritta fino al cuore
e ti mostra un posto dove non sei
poi ammutolisce.
Entra e si fa peso sul cuore
quasi fosse un dolore
ma lascia una voglia di averne ancora
e ancora.
Puoi chiamarla magia
la nostalgia di quel posto che vedi
e dove non sei.

Poesia a rovescio

Un giorno andremo al bosco
non ci sarà freddo o caldo a dire delle stagioni
e nemmeno la notte
perchè ci sarà sempre una gran luce.
Forse il bosco sarà quello solito
quello degli alberi caduti e capovolti
quello dei tronchi gravidi di muschio
quello col lago verde in mezzo e te tra le margherite.
Sì, proprio quello meta di tanto vagabondare
ecco, un giorno andremo a quel solito bosco
ma niente sembrerà uguale
svolteremo nel solito sentiero
seguendo i canti dei pettirossi
e stavolta tu ci sarai davvero con me sul sentiero
sbucando da quella curva in fondo
vestita d’ amore, e mi vedrai arrivare
ci vedranno tutti, lo so
tutti diranno adesso sono insieme
saremo uno attorno all’altro
usciremo dalle nebbie.
Forse qualcuno scriverà una poesia a rovescio
ripensandoci da quelle panchine al lago verde.

Memoria in canto

Guardala
guardala dormire
s’è addormentata con un canto nelle orecchie
all’ aperto, lungo le vie di campagna.
E’ serena,
di sicuro sogna
sogna dell’ azzurro visto prima d’addormentarsi
e delle forme bianche e mutevoli che lo abitano
delle foglie verdi che qualcosa muove
del loro suono
e del canto che l’ha fatta addormentare.
E questo sarò quando guarderà al cielo
e chiamandolo cielo lo mostrerà ai suoi figli un giorno.
Un canto
un canto nelle orecchie
e qualcosa d’invisibile che muove le foglie.

Il cielo sopra agli angeli

Ci si saliva a piedi per veder quel cielo
a primavera l’aria era piena di profumi
d’estate gli alberi lenivano il caldo e la stanchezza
la strada lunga sì, ma c’era giovinezza.
Ora che si fa inverno posso salire ancora con la funicolare
mezzo di locomozione antico
usato anche da Fu Nicola Re di Como
-così sta scritto sopra la stazione-
quando parte ha la forza di babbo quando s’alzava in piedi
con me sopra che pareva che toccassi il cielo.
In cima poi son pochi passi ancora per attraversar la piazza
qualche scalino e già sei sul sagrato
gli angeli son là sopra disegnati contro il cielo
son lì da sempre,  immobili, o almeno da quando ci sono io.
Il cielo potrebbe essere d’un bell’azzurro con macchie di bianco leggero
Oppure nuvoloso e scuro e minaccioso
allora ti senti “l’om dela tempesta”
sì propi quel dela canzun
anche se questo non è il versante di quelli che van di sfrodo.
E invece ecco che piove ma l’angelo fa una grazia
le porte della chiesa sono aperte e dentro c’è una gran pace senza età
forse l’angelo sopra è un angelo delle grazie
anzi un arcangelo
anzi un graziarcangelo
che se con la sua spada scacciava l’acqua invece dei demoni forse era meglio
perchè mi sa che i demoni sono ancora tutti qua
e forse ce n’è uno anche dentro me.

Senti come non c’è.

Senti come non c’è.
In mezzo alle radure, nell’ erba.
Nei fiori dei mille pensieri.
Nei canti di campane.
Nelle pause del suono.
Alle finestre dei sorrisi dolorosi.
Nel sole che regna su questo mondo.
In tutti questi chilometri fatti fibo a oggi.
In un ghiacciolo alla menta.
Nell’ aria di questo freddo novembre.
Nelle spine sui muri delle mulattiere.
Nel chiacchiericcio delle farfalle.
Nell’ importanza delle cose che non importano.
Nelle statue che non ti guardano.
Nel corpo che invece guardi.
E in quello che non vedi.
Nel non voler ritornare.
Nel non poter ritornare.
Nelle poesie mai scritte.
In un orologio che non c’è.
Nell’ ombra del mio albero.
In una gita al lago andando a cercarla.
Al chiosco del mercato, bene in vista.
Nelle margherite al bosco.
Lungo le vie d’ acqua.
Nella tigre dai denti a sciabola a cui un giorno sei sfuggito.
Nel vociare delle massaie mancanti ai bordi del lavatoio.
Nelle pose, eterne, delle statue.
In una fotografia imparata a memoria.
Nei fuochi sul lago.
In questa pompa che batte, e ribatte.
In un bacio tra farfalle.
In un angelo su un’ husqvarna rossa, alla cava d’ argilla.
Nei sogni di un bambino, non di questo mondo.
Nei posti dove fioriscono i desideri, come primule.
In un cielo non tuo.
Nelle tasche.
Nei successivi incanti.
In mezzo alle radure, nell’ erba.
Nei fiori dei mille pensieri.
Nei canti di campane.
Nelle pause del suono.
Alle finestre dei sorrisi dolorosi.
Nel sole che regna su questo mondo.
In tutti questi chilometri fatti fino a oggi.
In un ghiacciolo alla menta.
Nell’aria di questo freddo novembre.
Nelle spine sui muri delle mulattiere.
Nel chiacchiericcio delle farfalle.
Nell’ importanza delle cose che non importano.
Nelle statue che non ti guardano.
Nel corpo che invece guardi.
E in quello che non vedi.
Nel non voler ritornare.
Nel non poter ritornare.
Nelle poesie mai scritte.
In un orologio che non c’è.
Nell’ombra del mio albero.
In una gita al lago andando a cercarla.
Al chiosco del mercato, bene in vista.
Nelle margherite al bosco.
Lungo le vie d’ acqua.
Nella tigre dai denti a sciabola a cui un giorno sei sfuggito.
Nel vociare delle massaie mancanti ai bordi del lavatoio.
Nelle pose, eterne, delle statue.
In una fotografia imparata a memoria.
Nei fuochi sul lago.
In questa pompa che batte, e ribatte.
In un bacio tra farfalle.
In un angelo su un’ husqvarna rossa, alla cava d’ argilla.
Nei sogni di un bambino, non di questo mondo.
Nei posti dove fioriscono i desideri, come primule.
In un cielo non tuo.
Nelle tasche.
Nei successivi incanti.
Senti come non c’è.
Non è come se ci fosse?

Quadro

Nel quadro la dominante è il nero.
La zingara nel quadro mi accompagnava ai sogni,
col suo sorriso e il suo odore di colori a olio secchi.
Il rosso parigino, il bianco dei voulant e un poco di verde tra i fiori.
Ma non è che sorridesse sempre,
quando il buio vinceva sulla luce e restava solo un’ ombra sulla parete
più di una volta l’ho scoperta piangere
sorpresa da un lampo blu elettrico dei filobus sotto casa.
Forse aveva un dolore
forse sentiva il mio.
Ora la parete dove stava si è fatta d’ aria
così che la mia zingara è ovunque
dissolta nell’aria, tra cornici di monti
nella nebbia che sale dal lago all’ imbrunire.
Sa che non la vedrò più nella sua cornice vera.
Ma come allora mi accompagna ai sogni sorridendo
finchè poi il buio vince sulla luce…
fino al prossimo lampo.