E’ un’abitudine il cammino, un vizio
sentire la ghiaia sotto i piedi, o le foglie
lasciare orme e tracce e segni
un tacco perso da una scarpa troppo cittadina
-che non era previsto salire così in alto-
e poi trovarli al ritorno.
E poi è un’abitudine chiedere alle Madonne delle chiesette alpine, o alle edicolanti lungo il cammino
se lassù c’è un luogo dove si stia bene,in pace
un luogo dove lei non sia tormento.
Non rispondono mai ma poi il sentiero si traccia di gigli giganteschi
e varchi tra le piante che mostrano prati fioriti sotto un cielo bianco di luce
non è lì il luogo, lì puoi fermarti un poco a riposare
e lei non ti lascia mai.
E’ un’abitudine il suo non lasciarmi mai,
il suo accostarmi il cammino sempre.
E sempre è una parola tormentosa
come un’abitudine al cammino verso un luogo che non c’è
come se io fossi il suo luogo e lei il mio
ma lei non c’è.
E’ qui come quei gigli ma già sfiorita altrove.
