Da queste alture si vede il lago,
e sono io che decido che è bello.
E poi si vede tutto questo verde macchiato di rosso, e di bianco
l’ arancione dei tetti e il verderame della cupola,
e sempre io decido che è bello.
Il sole è alto e luminoso e a guardarlo acceca,
come non potesse brillare di più
se ne sente il calore sulla pelle
e il brillio che fa sulle onde rallegra gli occhi.
E decido che è bello.
L’ aria sa di fiori, di erica calda e di alberi.
E decido che è bello.
E penso a babbo, e mamma, che mi hanno insegnato il bello secondo loro.
Penso che potrei anche istruirci un microcontrollore con queste informazioni, un Arduino,
e attrezzarlo di fotocamera, per i colori
e fotoresistenze per la luce
un “naso” elettronico, per i profumi e l’analisi dell’ aria
un sensore di temperatura per il calore del sole.
Dichiarare poi nel programma che più i colori sono vivi e ben combinati e più è bello
che oltre una certa soglia di luce il sole splende e che anche questo è bello
che se gli idrocarburi sono bassi e l’ ossigeno a un buon livello l’ aria è pulita,
e questo è bello
che oltre i 37 gradi comincia a far davvero caldo.
Poi la penserebbe come me, certo, e come chi ha programmato me.
Allora penso di togliere la parte decisionale
e lasciarlo lì, coi sensi accesi
le tensioni che variano agli ingressi
i dati accumulati nelle variabili
e le fotoresistenze a fondo scala per troppa luce.
A non decider niente
Penserebbe che quella è la libertà?
Forse non penserebbe nulla
almeno fino all’esaurimento delle batterie
all’ interruzione dei sensi
niente più colori o tensioni.
Buio elettrico.